«Quell’uomo si faceva chiamare Abu Kacher. Il suo appartamento era formato da un salottino d’ingresso, da una camera da letto e da un bagno, rinfrescati dall’aria condizionata. Mi chiusero dentro. Nel primo locale c’era un solo quadro appeso, recitava un versetto del Corano: Abbiamo preparato la Fiamma per i miscredenti, per coloro che non credono in Allah e nel Suo Inviato. Dopo un po’ un uomo mi portò una bottiglietta d’acqua e un piatto con del riso con un pezzetto di pollo. Devo dire che, malgrado l’ansia e la paura, ero affamata e assetata. Mangiai tutto e bevvi l’acqua. Ma non passò molto tempo che iniziai a sentire i tipici sintomi di una dose elevata di tranquillanti: sonnolenza, una leggera confusione mentale, calo delle mie capacità psico-fisiche. Mi sentii disperata… avevano drogato il cibo. Mi guardai in giro, ma non avevo le forze di fare nulla. Ero semidistesa su un divanetto nel salotto, il mio respiro era affannoso perché ero agitata ed ero conscia che, qualsiasi cosa sarebbe successa, non potevo neppure difendermi.»
Hana aveva un’espressione dura, che manifestava tutta la rabbia e la frustrazione che aveva in corpo.
«Non so quanto tempo sia passato prima che i mio aguzzino saudita entrò nell’appartamento. Mi ricordo che parlava, ma non so cosa stesse dicendo. Era tutto ovattato. Mi prese dal divano e tenendomi in piedi mi portò fino al letto. Io volevo allontanarlo, volevo urlare, ma l’intorpidimento dei farmaci non mi permettevano di controllare i miei movimenti. So che mi spogliò. Le sue mani le sentivo ovunque. Ricordo le mie lacrime calde che scivolavano ai lati degli occhi e mi bagnavano il collo.»
«Anche se non mi sono sposata giovane ho sempre sperato di trovare un uomo con cui condividere la mia vita. Ho sempre sognato la prima nostra unione con dolce trepidazione. Quella notte, invece, si prese la mia verginità con l’inganno e la forza. Questi non sono uomini, sono solo esseri vili e meschini. Afferrano quello che vogliono senza neanche avere il coraggio di lottare.» Hana aveva un volto disgustato mentre pronunciava queste parole.
«Entrò con forza dentro di me e io sentii male. Spinse con violenza e io ricordo l’odore del suo sudore. Poi mi spostò di lato e si mise a dormire. Dormii anch’io, in un oblio profondo da cui non avrei voluto emergere.»
Tratto da HANA LA YAZIDA – L’inferno è sulla Terra di Claudia Ryan, San Paolo Edizioni