La Maestà di Giotto

Giotto dipinse la Madonna di Ognissanti (chiamata anche “Maestà” perché nel periodo medievale la Madonna col Bambino era rappresentata come una regina) circa nel 1310. Prende il nome dalla chiesa di Ognissanti a Firenze, dove era originariamente collocata, ora è esposta agli Uffizi. Come tutte le pale d’altare le sue dimensioni sono piuttosto grandi, 3,25 x 2,04 m e la tecnica con cui è stata realizzata è tempera su tavola, come si usava in questo periodo.

La Madonna col Bambino era una iconografia molto tradizionale, dal carattere fortemente devozionale, perciò Giotto non poteva essere completamente innovativo nel dipingerla, come invece aveva fatto nella decorazione della Cappella degli Scrovegni, dove aveva raccontato le storie di Gioacchino e Anna, di Maria e di Gesù. Infatti in questa Maestà troviamo ancora degli elementi legati alla consuetudine medievale, come il fondo d’oro e la prospettiva gerarchica. Qui, però, il fondo d’oro perde la volontà di rappresentare la smaterializzazione di uno spazio terreno per diventare invece parete di fondo, mentre l’importanza gerarchica dei personaggi rimane ponendo Maria nel centro della composizione, esaltando tutta la sua monumentalità.

Gli aspetti innovativi sono legati alla rappresentazione dello spazio e del volume dei personaggi, elementi fortemente interconnessi. Giotto crea la profondità grazie alla sovrapposizione dei soggetti e alla realizzazione del trono con la prospettiva assiale. Sovrapporre i personaggi nascondendo in parte i loro volti era una pratica nuova nel medioevo, infatti di solito le composizioni erano strutturate in modo tale che di tutti i personaggi fosse visibile il volto, ma Giotto, anche qui, cerca di rifarsi alla realtà comune. Inoltre ogni soggetto è ben costruito attraverso il chiaroscuro: sotto agli abiti e ai mantelli si percepiscono corpi concreti e proporzionati, che contribuiscono con il loro volume a far percepire uno spazio tridimensionale.

La prospettiva assiale consiste nel considerare un asse verticale su cui convergono, a due a due, le linee che determinano la profondità: tutto il trono è costruito in questo modo. L’aspetto estetico è tipicamente gotico, con forme leggiadre e l’inserimento di cuspidi gattonate e un argo ogivale. Giotto aveva usato un trono simile nella Cappella degli Scrovegni nel riquadro dedicato alla Giustizia. Le due aperture laterali permettono di vedere oltre l’architettura e contribuiscono a creare profondità.

L’allegoria della Giustizia

I doni che vengono portati a Maria sono gigli (purezza), rose (il fiore del periodo mariano), una corona (Maestà) e uno scrigno.

Si rimane ancora incantati di fronte a un’opera di tale bellezza. Comunica un’idea di armonia celestiale e perfezione divina che solo l’Arte dei grandi maestri è riuscita a perseguire.


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