“(…) Quando ebbe finito di scrivere, alzò gli occhi e mi guardò.
Da quel giorno, io ho pensato al Doktor Pannwitz molte volte e in molti modi. Mi sono domandato quale fosse il suo intimo funzionamento di uomo; come riempisse il suo tempo, all’infuori della Polimerizzazione e della coscienza indogermanica; soprattutto, quando io sono stato di nuovo un uomo libero, ho desiderato incontrarlo ancora, e non già per vendetta, ma solo per una mia curiosità dell’anima umana.
Perché quello sguardo non corse fra due uomini; e se io sapessi spiegare a fondo la natura di quello sguardo, scambiato come attraverso la parete di vetro di un acquario tra due esseri che abitano mezzi diversi, avrei anche spiegato l’essenza della grande follia della terza Germania.(…)
Ho riletto questo brano molte volte, perché credo che Primo Levi, con queste parole, sia davvero riuscito a farci percepire l’essenza della grande follia che si scatenò nella Germania del Terzo Reich, quando alcuni uomini non percepivano una parte dei loro simili come uomini, ma esseri diversi e spregevoli, senza diritti e dignità. Levi parla di uno sguardo scambiato non fra due uomini, ma tra due esseri che abitano due mezzi diversi, come un mammifero e un pesce. Questo non accadeva solo con gli ebrei, ma anche con gli omosessuali, gli zingari (a tal proposito segnalo un romanzo bellissimo: “Io non mi chiamo Miriam” di Majgull Axellson, Iperborea), gli handicappati. Un concetto per me comprensibile solo grazie la testimonianza di persone come il grande scrittore Primo Levi.
Normalmente si legge “Se questo è un uomo” alle scuole superiori, ma per me non è stato così, ho letto questo splendido libro pochi mesi fa e ne sono felice, perché credo di averlo apprezzato, parola dopo parola, con più coscienza, grazie a un bagaglio di vita, un’esperienza che non hai quando sei adolescente.
La potenza narrativa di Levi ti trascina con lui nella terribile esperienza che ha vissuto: a lui bastano poche parole per trascinarti nel fango, nella disperazione, nell’insensatezza del lager.
Domenica 27 gennaio è il Giorno della Memoria. Non deve diventare solo un rituale svuotato, ma deve essere un monito: la terribile bestia nera, violenta e spietata, che abita una parte recondita dell’umanità, può sempre prendere il sopravvento e tornare ad uccidere, discriminare, dividere. Solo ricordare quello che è stato può aiutare, con sensibilità, attenzione e cultura, a non ricadere negli stessi errori o in errori simili.
Mentre si celebra il Giorno della Memoria, il Governo ha cancellato il tema di storia dall’esame di Maturità. Un terribile controsenso, un segnale che forse sta mancando quella sensibilità, attenzione e cultura di cui parlavo prima, perché è solo studiando che si può conoscere la Storia dell’umanità e gli errori che ha commesso.