La modernità di Elena e Le Troiane di Euripide

Ho avuto il privilegio di andare a vedere due rappresentazioni teatrali a Siracusa, al teatro greco: Elena e Le Troiane di Euripide. Due spettacoli superbi.
Non sono un’esperta in drammi antichi e, forse proprio per questo, ho potuto cogliere appieno, prima emotivamente, poi attraverso la riflessione, la potenza espressiva di queste due tragedie.

Meravigliose le scenografie di entrambi gli spettacoli, per motivazioni opposte. L’allestimento realizzato per Elena, progettato da Davide Livermore, era ricco e complesso, con l’orchestra del teatro greco trasformata in un bacino d’acqua e un grande schermo alle spalle, sul quale le immagini erano in movimento e si riflettevano sull’acqua. Come nella storia, dove la finta Elena è riflesso della vera Elena, dove la realtà stessa non è quello che appare ma è un gioco di riflessi e contro riflessi che confondono i protagonisti, così sono la scenografia e molti dei costumi, realizzati da Gianluca Falaschi.
Elena in primis, ma anche Teucro (interpretato da una donna), i messaggeri (sempre donne) e i Dioscuri, (attori con abiti da sera femminili) esibiscono vestiti in paillettes che contribuiscono a creare una continua mobilità di colori e luci, sottolineando che l’apparenza è mutevole.
Opposta, appunto, la scenografia de Le Troiane, progettata da Stefano Boeri. Qui abbiamo la concretezza e la staticità dei filari di tronchi d’albero, spogli, regolari, spezzati, che rappresentano una Troia sconfitta, morta nella sua essenza. Questi tronchi alti e rettilinei, abbattuti in Trentino dalla terribile tempesta del novembre 2018, rafforzano il dramma delle troiane, un dolore solido, che attraverso le parole di Ecuba ti attanaglia e ti trascina nell’incubo di un passato cancellato e di un futuro incerto. Bellissimo e d’effetto è l’incendio finale, quello che cancellerà definitivamente Troia.
Coinvolgenti le musiche di Elena, scritte da Andrea Chenna, invece non ho apprezzato le interruzioni musicali de Le Troiane, scritte da Cyril Giroux, che ho trovato non in linea con il pathos dello spettacolo.

Ciò che mi ha davvero affascinato è la modernità di questi due drammi di Euripide, scritti nel V sec. a.C., 2500 anni fa. Cambia la società, si modificano i rapporti reciproci, gli aspetti tecnologici, ma l’essere umano, nella sua essenza, è lo stesso di allora. E malgrado il progredire della società, si scopre che alcuni problemi non cambiano mai.
Impossibile non pensare alla guerra in Siria, all’avanzata dei Daesh in Iraq, durante lo spettacolo de Le Troiane, e la profonda sofferenza di quelle donne, la loro dignità, sono le stesse che ho ritrovato nelle donne yazide intervistate nel Kurdistan iracheno.
Ci sono invece alcuni passi tratti da Elena che mi hanno colpito per l’incredibile attualità.
Menelao dice “Ma io sono un naufrago, un naufrago è sacro!”. Terribilmente attuale: spesso nella nostra contemporaneità abbiamo perso valori importanti, e quando si parla in astratto di uomini e donne (leggi migranti) sembra che le persone non siano più fatte di carne e ossa, con una loro personalità, con una vita vissuta nella sofferenza, ma numeri, e perciò perdono la loro sacralità. Il bombardamento di notizie a cui siamo sottoposti, attraverso la televisione e internet, rendono qualsiasi fatto un elemento astratto di cui si perde completamente il pathos sotteso, a parte qualche caso particolare. Il naufrago non è più sacro, ma è un reietto.
Il coro sottolinea un discorso di Teònoe, l’indovina: “Non esiste felicità al di fuori della giustizia; nella giustizia sono riposte speranze di salvezza” e il servo di Teoclìmeno dice “Sei re quando segui la giustizia, non quando la contrasti”. La società democratica deve fondarsi su una giustizia equa, senza leggi ad personam create da chi ha il potere, combattendo seriamente la corruzione e con un iter processuale dai tempi ragionevoli. Ma per arrivare a questo ci vogliono politici seri e lungimiranti. Una giustizia “giusta” è comunque alla base della libertà, e perciò della felicità, e questo non dovremmo mai dimenticarlo.

Chiudo queste mie riflessioni con la meraviglia della fascinazione poetica, che ha la potenza di trasportarti in un luogo con l’immaginazione. È l’inizio della tragedia, quando Elena dice:
“Ecco davanti a me le correnti del Nilo,
il Nilo dalle Ninfe leggiadre,
che con l’acqua disciolta di candide nevi
disseta questo suolo in cui non cade mai pioggia.”

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