
Ho letto il libro “Sulla scrittura, sull’amore, sulla colpa e altri piaceri“, una conversazione scritta tra Amos Oz e Shira Hadad, la quale stimola, attraverso domande o considerazioni, il grande scrittore israeliano.
E’ stata una lettura scorrevole, durante la quale sono rimasta colpita da alcune riflessioni perché rispecchiano perfettamente il mio pensiero. Nella varietà infinita di sfumature che un ragionamento ponderato può avere, nei parallelismi e/o intersezioni intellettuali che si possono creare al di là della lingua o della cultura, è un intimo piacere vedere che una persona di grande valore letterario abbia avuto gli stessi tuoi pensieri.
Ve ne riporto alcuni, a cui do un titolo.
Perchè scrivere
(…) Il che somiglia molto all’impulso che porta a raccontare storie, a scrivere libri: mettere qualcosa in salvo dalle sgrinfie del tempo e dell’oblio. Questo, e anche il desiderio di dare una seconda occasione a ciò che una seconda occasione non avrà più. Anche questo. Le forze che spingono questa mano a scrivere sono anche il desiderio che quel qualcosa non sparisca, che non sia come se non fosse mai stato – e non intendo solo cose successe a me.
Il compromesso
Consideriamo “compromesso” una parola volgare. Soprattutto i giovani idealisti entusiasti credono che il compromesso sia una cosa ingannevole, sia indice di debolezza, di ipocrisia, di opportunismo. Per me non è così. Per me la parola “compromesso” è sinonimo di “vita”. Il contrario del compromesso è il fanatismo, la morte.
Il futuro
(…) piuttosto di sovente mi capita di pensare che le cose non stiano andando affatto bene. Per esempio, questa storia che tuo figlio crescerà in un mondo che parla l’SMSico… Che, sempre che continui a leggere letteratura, la gente vorrà leggere solo testi brevissimi, e poi questo mostruoso lavaggio del cervello che ci fa continuamente la pubblicità: butta tutto, compra di nuovo. C’è già molta gente che dice: “Che ce ne facciamo del passato? Non ci interessa. Che bisogno c’è di sapere chi era Herzl, o chi era Ben Gurion, o chi era Shakespeare? Conta solo ciò che è nuovo”. Tutto ciò non lascia presagire nulla di buono. Non sono ottimista soprattutto quando vedo in molti posti del mondo il trionfo di una destra traboccante di odio e in preda alle paure, e per contro una gran parte della sinistra che si dimostra banale, prevedibile, che odia il sistema ed è ostile al potere e all’egemonia di per sé. Tutto ciò, dalla rimozione del passato per arrivare ai processi politici attualmente in corso, il denominatore comune per la destra fascista e la sinistra ingenua sta nel fatto che la politica e la comunicazione stanno diventando settori di un’unica società di intrattenimento. I problemi sembrano stronzate. Le soluzioni, messaggini. La vita, una strategia ad effetto. In sostanza, una sostanziale regressione all’infanzia dell’umanità.
Il dialogo
Lo sai quante persone, in questo momento, mentre tu ed io siamo qui a parlare, quante persone ci sono qui intorno che nessuno ascolta, nessuno vuole ascoltare, cui nessuno parla, nessuno vuole parlare, a parte i pubblicitari? Tantissime. Tantissime. Non soltanto anziani soli negli ospizi, non persone che vivono da sole. No. Anche nelle case animate di vita, anche in famiglia, sapessi quante sono. Persone a cui nessuno ha veramente voglia di parlare, a parte “metti”, “porta”, “prendi”, “non dimenticarti”. E nessuno che abbia la benché minima voglia di ascoltarle. Allora non è poi così ovvio che tu stia parlando a me e mi stia ascoltando, qui e ora, io e te. E’ un dono.
La morte
(…) Neanche in quel caso sono pronto a morire stasera o domattina. felice e contento. Certo che no. Perché dopotutto trovo interessantissimo stare qui. Persino le cose più terribili e orrende sono interessanti. Mi spiace perdere tutto ciò: sono così curioso di sapere che cosa c’è dopo. Se mi dicessero: Fra poco non sarai più qui, ma lassù troverai una specie di galleria con dei grandi telescopi, così potrai sistemarti e dare uno sguardo a figli e nipoti, allora sarei più o meno soddisfatto. Direi: Va bene, allora d’accordo, non mangerò mai più, non berrò, non mi vestirò, ma forse ogni tanto, sì, sentirò musica e quanto meno saprò come vanno le cose. Continuerò a far parte della scena.
PER APPROFONDIRE
Sulla scrittura, sull’amore, sulla colpa e altri piaceridi Amos Oz