
Questo è un periodo oscuro per l’umanità che vive su questa povera Terra, l’unica che abbiamo e che, malgrado ciò, non rispettiamo. Troppe guerre (Papa Francesco l’ha definita la terza guerra mondiale), troppi antagonismi, incomprensioni e, soprattutto, troppa violenza.
Per noi europei sta diventando quasi uno scontro quotidiano tra la nostra cultura e quella islamica. Un po’ per gli attentati (come oggi 07 gennaio 2015 alla sede parigina di Charlie Hebdo), un po’ perché i tagliatori di gole dell’Isis sono appena al di là del Mediterraneo.
Un problema complesso, una matassa così attorcigliata che non si sa da che parte cominciare…
Da una parte abbiamo gli integralisti islamici, pericolosissimi, senza il benché senso dello humour, del concetto di diversità e, perciò, di libertà. Ricordano la cristianità del XVII secolo, quando bastava una parola fuori posto ed eri accusato di eresia e finivi sul rogo. In quell’epoca bisognava obbligatoriamente allinearsi con le idee imposte o finivi nei guai (vedi Galileo). Ma noi a quell’epoca non avevamo una parte del mondo più “civilizzata” con cui confrontarci (N.B.: per civilizzata intendo che ha elaborato un alto concetto di rispetto delle idee altrui e di non violenza), l’evoluzione è avvenuta dall’interno: poco alla volta le idee progressiste hanno avuto il sopravvento insieme a quei concetti di tolleranza, rispetto reciproco e libertà democratica. Gli integralisti islamici invece lottano proprio contro queste idee, vogliono l’obbedienza assoluta senza che si usi il cervello, e si scagliano contro coloro che rappresentano una minaccia: noi.
Inoltre gli integralisti cristiani del XVII secolo, pur avendo ucciso molte persone, non possedevano la tecnologia e le armi che sono oggi alla portata degli integralisti islamici.
Oggi, dopo l’attentato a Charlie Hebdo, chi non ha avuto un moto di ribellione interiore e ha pensato che sarebbe stato bello bruciare a fuoco lento quei massacratori di gente innocente? Credo tutti. Ma è sbagliato, quello è solo il primo istinto, poi la ragione deve prendere il sopravvento. Gli integralisti islamici vorrebbero proprio questo: portarci al loro livello, perché la violenza è l’unico linguaggio che conoscono. Ma noi siamo nel giusto perché non ci comportiamo come loro. Vanno fermati, ma bisogna stare attenti a non cadere nella trappola della violenza. Hanno paura di noi (infatti hanno ucciso gente di sinistra, che combatte con le idee e con l’ironia) perché loro non sono capaci ad essere così, sono ancora ad un livello primordiale, quello della violenza bruta.
Poi però ci siamo noi occidentali, con i nostri problemi.
La nostra idea di “libertà” si è evoluta un po’ troppo, in molti casi è degenerata, e non è più supportata da valori etici e morali alti, da un rispetto reciproco sincero.
La nostra non è più una cultura antropocentrica ma denarocentrica, e in questa società dove si continua a dire che non c’è più moralità e c’è una crisi dei valori, in realtà si fa ben poco per riscattare l’una e gli altri. L’unica voce fresca e pura è, per fortuna, quella di Papa Francesco, che sembra donare spiragli di speranza.
I giovani sono coloro che risultano più deboli, ovviamente. Una grave crisi economica non gli fa intravedere un futuro certo e, come si diceva, non sono supportati né da valori morali saldi, né dall’esperienza che si accumula nella vita. I più fragili cadono… dove? Nella trappola degli integralisti islamici, dove esiste solo la sottomissione, la totale abnegazione, e non è possibile cambiare idea. Non pensare è più semplice, la vera libertà presuppone presa di coscienza, responsabilità verso se stesso e verso gli altri.
Abbiamo molte colpe, noi europei e, in generale, noi occidentali. Colpe verso noi stessi e verso gli altri. Ma qui il discorso diventa troppo lungo.
Il mondo islamico deve vincere la sua guerra contro gli integralisti dall’interno, questi uomini senza dio che si riempiono la bocca con il nome di dio mentre uccidono, devono essere isolati e resi impotenti dall’interno dell’islam stesso. L’occidente cristiano può solo aiutare questo processo.
Noi, invece, dobbiamo riscattarci, se non riusciremo a ritrovare una dignità perduta, partecipata, collaborativa, dove il bene comune deve essere al primo posto e il rispetto reciproco esibito quotidianamente, siamo una civiltà destinata ad estinguersi. Dobbiamo uscire dal torpore della superficialità, del qualunquismo, del personalismo estremizzato, del non impegno intellettuale, dell’accettazione dell’indecenza, del “tu” a tutti, anche a quelli che non hai mai visto nella tua vita, perché anche in questi piccoli, apparentemente insignificanti segni, si manifesta il rispetto.
Sarebbe un peccato se la nostra civiltà soccombesse, perché tanti uomini e donne hanno dato la vita per i nostri valori e, almeno ideologicamente, siamo gli unici al mondo ad essere arrivati ad una democrazia partecipata che potrebbe valorizzare ogni Uomo in quanto tale.