Ho pianto. Pianto di fronte alla distruzione di opere millenarie, uniche, impagabili.
Impotente e attonita assistevo alla furia inaudita, incomprensibile, di rozzi ignoranti che, armati di martelli e mazze, abbattevano le vestigia dei loro antenati, così preziose.
Non c’è futuro per quel popolo che non sa accettare il suo passato, nel bene e nel male. Non può esserci speranza per chi non va orgoglioso della grandezza dei suoi antenati.
Distrutti perchè considerati idoli. Ma idoli di chi? Loro dovrebbero distruggere i loro idoli mentali, questa gente dell’#ISIS, invasata di falsi ideali religiosi, che porta con sè solo morte e distruzione. Non conosce bellezza, compassione, amore.
Sono soffocati dall’odore stantio di rigide regole che li constringe in uno spazio claustrofobico. Perdono la mente e distruggono tutto ciò che non riesce a rientrare in quel loro mondo arido e angusto. Mi fanno pena. Ma non nel senso compassionevole, ma una pena piena di disprezzo.
Quando si ha la possibilità di toccare vestigia antiche come quelle distrutte, si sente l’energia del passato. Dietro a ogni opera c’è una storia muta fatta di uomini che l’anno ordinata, ideata, realizzata. Ma comprende anche coloro che l’anno ammirata nel tempo e riscoperta da un passato sepolto.
Un’opera d’arte è come un meraviglioso filo che lega tante vite, epoche, un esempio supremo della bravura umana, che sa commuovere, stupire, affascinare, donare preziosi istanti di felicità.
Distruggerle è stata un’ignominia, un’ennesimo crimine contro l’umanità e la sua storia.
Mi chiedo quanto ancora dovranno distruggere, quante vite dovranno essere stroncate, prima che vengano fermati.
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