- un approccio educativo a supporto della diversità linguistica e pertanto a favore del plurilinguismo e uno strumento potente capace di determinare in futuro un forte impatto sull’apprendimento delle lingue.
- un approccio innovativo all’apprendimento, in quanto costituisce un tentativo per superare i limiti dei curricula scolastici tradizionali, favorendo l’integrazione curriculare e formando una conoscenza “complessa” e “integrata” del sapere.
- uno strumento flessibile che permette l’insegnamento per un intero anno scolastico di una o più materie, oppure l’insegnamento di un modulo o di una parte di un corso regolare.
- uno strumento migliorativo perché sviluppa la competenza nella seconda lingua e le conoscenze e le abilità nelle aree non linguistiche.
(http://www.progettolingue.net/aliclil)
- C’è una fondamentale differenza nell’uso della lingua tra una lezione di lingua straniera e una lezione di un’altra materia (storia dell’arte, scienze, fisica, musica…). In una lezione di lingua le quattro abilità (reading, listening, speaking and writing) sono un mezzo ma anche una finalità e permettono di evidenziare la conoscenza della lingua stessa. In una lezione in cui si insegna un’altra materia le quattro abilità sono solo un mezzo per imparare una nuova informazione, un mezzo per spiegare e far capire la materia che si insegna. Perciò la lingua è un mezzo e non un fine.
(tratto da “Teaching Other Subjects Through English” di Deller and Price– tradotto)
- … Insegnare una materia attraverso il CLIL significa soprattutto usare la lingua obiettivo per comunicare. In tal caso, in una vera situazione comunicativa, non si può essere perfetti, dato che la perfezione non esiste nella comunicazione: si deve soltanto raggiungere un livello di comunicazione efficace. La capacità di usare tecniche compensatorie per comunicare, e anche aiutare gli studenti ad acquisirle, è molto più importante che non conoscere la parola giusta per ogni caso speifico
- Non ci si può aspettare che gli allievi rispondano subito nella lingua obiettivo. É possibile che sia necessario spiegare alcune cose nella lingua madre degli alunni e non è consigliabile insistere sul fatto che parlino sempre nella lingua obiettivo.
(tratto da “Corso TIE-CLIL per lo sviluppo professionale” di Gisella Langè)
PROBLEMI:
- Una materia non linguistica ha un programma da sviluppare e spesso il tempo a disposizione è appena sufficiente per la trattazione in italiano. L’uso della lingua straniera allunga i tempi di spiegazione e apprendimento, in particolar modo se sviluppati con le metodologie CLIL. Come fare?
Possibile soluzione: trattare la materia in italiano e per ogni argomento svilupparne una parte in lingua straniera oppure fare un approfondimento in lingua straniera. I contenuti trattati in lingua saranno poi inseriti nella verifica.
Personalmente riguardo la storia dell’arte penso di trattare l’autore e vedere alcune opere in italiano, poi analizzare una o due opere in inglese attraverso lezioni strutturate.
Altre soluzioni?
- Nei licei non linguistici la materia da insegnare attraverso le metodologie CLIL è durante i quinto anno. Scelta poco felice per molte motivazioni. Forse conviene introdurre il CLIL poco alla volta, anche se informalmente, fin dalla terza, per acquisire il micro linguaggio.
CONSIDERAZIONI:
- Lavorando in un liceo linguistico dovrei insegnare la mia materia attraverso la metodologia CLIL dalla terza. Se consideriamo le indicazioni ministeriali dovrebbe essere insegnata completamente in lingua straniera. Io sono contraria in quanto ritengo che i miei studenti debbano imparare a parlare di arte innanzitutto nella loro lingua madre, poi anche in inglese.
ESEMPI DI LEZIONI SVOLTE:
Lettura di un dipinto di Matisse
Lezione sulla scultura ellenistica
Lezione sulla “Nascita di Venere” del Botticelli
Lezione su Michelangelo: confronto tra la “Centauromachia” e “Il Giudizio Universale”